mercoledì 8 febbraio 2012

La finestra sul fiume (1° parte)


Dopo sei lunghi anni di fidanzamento, il gran giorno è arrivato, Anna si sposa. Giorgio, il suo futuro marito, non è innamorato di lei, ma la sposa solo perché è l’unica erede della famiglia Chisanzo, dopo l’improvvisa scomparsa del fratello maggiore.
I Chisanzo sono molto agiati e possiedono molte terre e casati nella zona del veronese. Ed inoltre sono proprietari di molte case del Borghetto, borgo adiacente a Verona.
Giorgio è un uomo molto intelligente, lavora presso “L’Arena” il giornale del paese ed è un giornalista affermato. Ha un brutto carattere, ciò nonostante Anna vuole sposarlo ugualmente, perché spera di dimenticare, Manuel,  l’uomo della sua vita che non lo avrà mai, perché lui è di un'altra.
Anna  ama Manuel da anni, ma lui è già sposato e non ha mai avuto il coraggio di lasciare sua moglie, anche se è profondamente innamorato dì Anna.
Stanca di reggere tutta questa situazione, Anna decide di sposare Giorgio,  è certa che lui la ami e la renderà felice.

“Anna, sei pronta ?”  chiede la mamma, vedendola preoccupata.
“Sì madre, sono solo un po’ emozionata“
“Sono contenta che sposi Giorgio, è veramente un bravo ragazzo”.
Anna non le ha mai raccontato della sua storia d’amore con Manuel , anche perché  non l’avrebbe mai accettato. Ogniqualvolta che Anna doveva vedersi con lui, diceva a sua madre che usciva con Carolina, la sua migliore amica, e complice delle sue bugie.
Una ragazza dolce e sincera ma, per amore dell’amicizia riusciva a nascondere molto bene le bugie della sua amica. Non è né bella né alta ma , molto simpatica con dei splendidi capelli ondulati fino a metà schiena e con degli occhi grossi e neri che riescono a catturare l’attenzione dei ragazzi.
“Anna c’è Carolina al telefono, cosa le devo dire?” chiede la mamma con la cornetta del telefono in mano.
Anna afferra la cornetta tra le mani e chiede a sua madre di lasciarla per qualche minuto da sola. Con solo l’intimo a dosso, Anna si sdraia sul divano e tira un sospiro prima di rispondere al telefono, dato che immagina il motivo della telefonata di Carolina, fatta tre ore prima del matrimonio.
“Ciao Carolina, non dirmi che hai dei problemi, come sempre, e non puoi venire al mio matrimonio?”  dice con un pizzico di ironia.
Dopo qualche secondo di silenzio…
“Anna, sei ancora in tempo.”
“No, non torno più indietro, ormai ho preso la mia decisione, amo Giorgio e so che lui mi ama e mi renderà felice”.
“Fai quello che desideri, ma un giorno non venire a piangere da me dicendomi che avevo ragione, quel giorno io non ci sarò”.

Anna chiude la comunicazione, cercando di non pensare alle parole della sua amica, inizia a vestirsi.
Ha un abito d’organza bianco, un lungo velo con le perline laterali che le richiama il bordo della scollatura dell’abito. Si guarda allo specchio e vede una ragazza di solo ventiquattro anni, alta, bella con lunghi capelli neri raccolti morbidamente con un gioiello di raro valore, regalatole da sua nonna, e che fra tre ore si sposerà con un uomo che non ha mai amato.

 Si avvicina alla finestra, il sole caldo e radioso penetra le tende e riscalda la stanza, è un giovedì di fine settembre, il mese che lei ha sempre sognato di sposarsi.
Scosta la tenda e si affaccia, vede il suo giardino ornato di fiori di mille colori, una limousine color blu notte che l’attende e la servitù disposta ai lati della scalinata d’ingresso.
Suo padre passeggia in giardino, con passo lesto, come se fosse nervoso. D’altronde non è mai stato d’accordo a questo matrimonio, ha sempre visto nel viso di sua figlia un velo di sofferenza anche quando lei e Giorgio annunciarono il loro matrimonio.
Anna, mentre osserva suo padre, chiude gli occhi e rivede i vecchi tempi, quando incontrò Manuel nella libreria del paese e litigarono perché volevano acquistare l’ultima copia rimasta di Jane Austen “Orgoglio e pregiudizio”
Lei aveva solo diciotto anni, l’età della spensieratezza, in cui la vita le sembrava tutto un gioco. Manuel aveva dieci anni in più di lei ed era già sposato, piccolo dettaglio che non le aveva confessato sin dall’inizio della loro storia. Fu amore a prima vista, lui era bellissimo, alto, con folti capelli neri e con un fisico mozzafiato. L’unico difetto; ostinato, anche se quel giorno in libreria, Anna, con i suoi modi di fare sicuri di se, riuscì a farsi cedere il libro di Austen
Da quel giorno , tra di loro, nacque una bellissima amicizia che si tramutò in un amore passionale.
Nel momento in cui Anna ricorda i bellissimi giorni passati con Manuel,  nel cottage sul fiume Mincio, regalatale da suo padre per il suo diciottesimo compleanno, fu interrotta dall’entrata improvvisa e irruente della madre, che con un mazzo di rose in mano le porge alla figlia.
“ Un fattorino ha consegnato questi fiori per te. L’ho sempre detto che Giorgio è un bravissimo ragazzo”, dice la mamma sorridendo.
Anna prende subito il biglietto, lo apre e inizia a leggere...(continua)

La casa abbandonata

Questo è un piccolo racconto che ho scritto tanti anni fa, quando ancora non credevo che sarei riuscita a pubblicare qualche libro!!!!!

La casa abbandonata
Drin, drin…
- Pronto- risponde Mika assonnata.
Dall’altra parte della cornetta, non risponde nessuno.
- Che modi sono. E’ l’una del mattino, non solo mi avete svegliato, ma almeno abbia la cortesia di rispondere- dice alzando la voce.
- So…sono nella casa abbandonata, quella vicino al lago, aiutami!
- Ma chi è? Alex sei tu?
- Sì, aiutami, perché…
Ma all’improvviso la comunicazione s’interrompe.
Mika, una ragazza di diciassette anni, vive da sola da quando i suoi genitori, due anni fa, sono morti in un incidente aereo, e suo fratello Jo, si mormora che l’abbia abbandonata per seguire una setta satanica.
Sconvolta, si veste rapidamente, ed esce da casa per andare ad aiutare Alex, il suo amato.
La casa abbandonata si trova al confine della foresta che circonda un piccolo lago di borgata. E’ distante solo poche centinaia di metri, ma attraversando la foresta di notte sembra molto più distante.
Mika, in quella terribile notte, buia e profonda, s’incammina introducendosi nella fitta foresta che divide la sua abitazione con la casa abbandonata.
Inizia il suo lungo cammino tra gufi e gatti randagi. Il freddo è pungente e il cielo diventa sempre più plumbeo.
Percorre tutta la foresta infondendosi coraggio, ogni minimo rumore sobbalza dallo spavento, anche perché è buio fitto e non riesce a vedere nulla.
Finalmente arriva alla casa abbandonata, ma non ha la prodezza d’entrare, ha troppa paura.
- Mi devo infondere coraggio – pensa aprendo la porta che cigola nel silenzio della notte.
Entra in casa ed inizia a chiamare:
- ALEX, ALEX… DOVE SEI.
Silenzio, solo un infinito silenzio.
Si dirige verso le scale, afferra il passamano e stringendolo forse sale le scale molto lentamente, prestando attenzione a non fare il minimo rumore, ma all’improvviso sente un rumore penetrante proveniente dalla stanza del primo piano. Si affretta sperando di trovare il suo tanto amato Alex. Arriva all’ultimo gradino e inspiegabilmente sente un aroma gradevole, quel classico odore che si sente entrando in una pasticceria.
- Com’è possibile sentire un odore di dolci in una casa abbandonata?- pensa, mentre si avvicina nella stanza del primo piano.
- Alex, Alex- sussurra a bassa voce.
La porta è chiusa, Mika afferra la maniglia colma di polvere e tenta di aprire. Fa forza, ma la porta è logorata e non vuole aprirsi.
- Maledetta porta, apriti! - dice a bassa voce, esercitando tutta la forza possibile.
Dopo svariati tentativi la porta comincia ad aprirsi, ma… Mika sente una mano che le si poggia sulla spalla.
Mika urla, trema e sta per svenire, quando all’improvviso si sente chiamare.
- Mikaaa, Mikaaa…
La voce proviene dal piano inferiore.



Mika ha troppa paura per continuare questo brutto “gioco”, vuole tornare a casa, ma ovviamente deve riscendere le scale per poter uscire da questa maledetta casa.
Riafferra nuovamente il passamano delle scale e scende a passo spedito, non curandosi del rumore che provocano i vecchi gradini, però arrivata a metà rampa la casa s’illumina e…
- SORPRESA! tanti auguri a te , tanti auguri di buon compleanno Mika!
Gridano tutti i suoi compagni di scuola con un’enorme torta tra le mani e con diciotto candeline accese.
- Oddio, non ci posso credere, ma siete impazziti? Che vi passa in quelle zucche vuote!
- Di farti una sorpresa- risponde Alex baciandola sulle labbra
- Ci siete riusciti- risponde Mika sorridendo ma con una gran voglia di strozzarli.
Da quel giorno in poi, la casa abbandonata divenne una vera e propria casa per feste, musica e tanta allegria.

martedì 7 febbraio 2012

Svegliandomi...ritrovai l'amore

Ero molto stanca e mi sdraiai sul divano della cucina. Fuori pioveva a dirotto. Una pioggia estiva, ma sembrava una vera tempesta.

La pioggia sbatteva incessante sulla finestra, scivolando sul davanzale. Il suono dei tuoni era molto forte, ma riuscii ugualmente a addormentarmi.
Ad un tratto fui svegliata di soprassalto dal suono del campanello.Mi alzai e chiesi “Chi è?”.
Una voce sensuale mi rispose: ”Sono io, Thomas, ti ricordi di me?
Aprii la porta e vidi un uomo terribilmente attraente, alto, con grandi occhi verdi, un sorriso smagliante e una bocca che invitava a baciarlo. Era Thomas, un amore perso tanti anni prima per via della mia stupidità.
“Entra” gli dissi, “sei tutto bagnato”. Lui entrò, ma all’improvviso ci fu un lampo che fece andare via la corrente. Andai nel salone, aprii il primo cassetto della parete attrezzata e presi una candela. L’accesi e mi recai in cucina, dove Thomas mi attendeva seduto sul divano.
Oddio quanto era bello! Avrei voluto stringerlo a me e dirgli “Ti amo ancora”, ed invece…
“Come mai questa visita?”, gli chiesi con voce tremante dall’emozione di averlo ancora accanto a me.
“In questi anni non ho fatto altro che pensarti, ogni giorno, ogni momento della mia vita, nei miei pensieri c’eri sempre tu “, mi disse guardandomi appassionatamente negli occhi.
Cercai di cambiare discorso, riesumando il mio orgoglio.
“Vuoi qualcosa da bere?”, dissi aprendo il frigorifero.
“No, grazie. Vorrei solo sapere perché cinque anni fa mi lasciasti solo in quel bar. Abbandonato come un cane, senza farmi neppure sapere il motivo. Rimasi lì ad aspettare per ore intere, te, “la donna della mia vita”.
Il suo sguardo cambiò, era irritato, ma lasciava trasparire che era ancora innamorato.
“Ero delusa di te”.
“Perché?”, mi disse sorpreso.
“Delusa perché avevo saputo la verità”.
“La verità? Ma di cosa stai parlando!” disse alzando il tono di voce.
“Non posso credere che ancora oggi, dopo cinque anni, non sai il motivo che mi spinse a mancare al nostro appuntamento”.
“No, non lo so ancora”
La pioggia si fece insistente, guardai fuori dalla finestra, ma la fitta pioggia offuscava la vista del solito panorama. Le gocce d’acqua battevano e poi scivolavano sulla finestra, ed io con il dito le seguivo fino a, quando morivano sul davanzale. Pensavo che solo per un banale e futile motivo, avessi perso l’uomo della mia vita. L’uomo che amavo più di me stessa, che non mi fece mancare mai nulla. Improvvisamente decisi di dirglielo.
“Quella sera non mi presentai all’appuntamento perché venni a sapere che eri già stato sposato. Perché me lo avevi tenuto nascosto?”.
Thomas sorpreso si alzò dal divano e si avvicinò verso di me. All’improvviso un lampo gli illuminò il viso. Un viso marcato dagli anni ma ancora piacente. Notai che i suoi occhi erano tristi ma sinceri. Mi prese la mano e la strinse al suo petto caldo e possente, e mi disse: ”Ti amavo così tanto che non volevo ferirti, e in più temevo che fuggissi via da me, ma la mia menzogna ti ha fatto fuggire ugualmente. Sono stato sposato solo per due anni, ma il mio matrimonio finì proprio per le menzogne di mia moglie, ed io ho fatto lo stesso suo errore. Potrai perdonarmi?”.
Lo guardai, volevo dirgli tante cose, ma non ci riuscii, perché lui mi afferrò per i fianchi e baciandomi appassionatamente mi strinse così forte da togliermi il fiato. Mi lasciai andare e mentre le sue mani mi accarezzavano i seni sentii la sua virilità. Mi baciò nuovamente, ma all’improvviso un forte tuono mi fece sobbalzare, e aprii gli occhi. Mi vidi sdraiata sul divano, mentre la pioggia batteva ancora incessante sui vetri. Guardandomi attorno, mi vidi sola, la cucina era vuota, e inondata da un meraviglioso odore di pioggia estiva. Mi alzai, mi affacciai alla finestra per guardare il panorama, ma non lo vidi perché era offuscato dalla pioggia. Andai nel salone, accesi la luce, ma non c’era la corrente. Aprii la porta d’ingresso, ma non c’era nessuno .Capii. Fu solo un sogno.
Presi il telefono e composi il numero.
“Pronto?”rispose una voce sensuale.
“Ciao Thomas, sono Susy, puoi perdonarmi?”
Dopo un attimo di silenzio con voce sorpresa rispose:
“Da tempo aspettavo questa telefonata e finalmente è arrivata. Non m’importa perché mi hai chiamato, l’importante è che mi ami ancora perché io ti amo. Certo che ti perdono. Anzi, forse sei tu che dovresti perdonare me”, Thomas sospirò e restò in silenzio per qualche secondo. Gli dissi che dovevo vederlo per confessargli un peso che da anni portavo nel cuore.
Fissammo appuntamento quella stessa sera, allo stesso bar di cinque anni prima, con l’impegno di essere puntuali.
Quella sera mi vestii con molta cura e indossai un bel completo color verde smeraldo, sapendo che era il colore preferito di Thomas. Mi truccai, mi alzai i capelli, fermandoli con un bel fermaglio e calzai le mie scarpe preferite. Quelle nere con il tacco alto. Presi le chiavi dell’auto, la borsa e uscii da casa con il cuore trepidante.
Continuava a piovere a dirotto e la nebbia era sempre più fitta. Accesi le luci antinebbia e cercai di percorrere le strade meno affollate, perché non avevo nessuna intenzione di fare attendere Thomas neanche un minuto.
Mentre guidavo, il mio pensiero vagava tra le parole che avrei scelto per confessargli il grande segreto che da cinque anni mi portavo dentro.
Imboccai una strada secondaria che conduceva alle spalle del bar. Ero quasi arrivata, il cuore mi batteva all’impazzata, la gola era secca e tremavo per l’emozione di rivedere Thomas.

Thomas era già al bar ad attendermi, mentre sorseggiava un aperitivo analcolico guardava continuamente l’orologio e sognava il nostro imminente incontro non stava più nella pelle.
All’improvviso la sirena di un’autoambulanza impazzava nell’aria. Thomas posò il bicchiere sul tavolo e usci dal bar. Un grave incidente era avvenuto in prossimità del bar. Dentro quell’ambulanza c’ero io.
All’incrocio un’auto mi aveva tagliato la strada, ed io non riuscii a frenare in tempo, forse perché distratta al pensiero di rivedere Thomas.
Mi portarono all’ospedale più vicino e fui subito operata per una grave emorragia celebrale.
Thomas arrivò all’ospedale, pochi minuti dopo, preoccupato e sconvolto, chiese ai medici le mie condizioni.
Gli fu detto che dovevano passare almeno ventiquattro ore prima di poter sciogliere la prognosi. Mi portarono in sala rianimazione, ma a Thomas non fu consentito entrare. Recandosi in sala d’attesa vide seduti una donna anziana, con gli occhi gonfi di pianto, un viso stanco e folti capelli bianchi raccolti in un tupè, questa teneva seduto sulle sue ginocchia un bimbo di circa quattro anni, con un viso d’angelo.
Thomas si sedette di fronte a loro.
Il bimbo lo guardò e gli sorrise.
“Ciao bel bimbo, come ti chiami?”, gli chiese Thomas.
“Mi chiamo Cristian”, rispose il bimbo intimidito.
“Io mi chiamo Thomas, piacere”, e allungò il braccio con la mano tesa verso Cristian, ma lui si girò nascondendo il viso d’angelo nel petto della donna, che era sua nonna.
La donna, molto prostrata, lo strinse a se giustificandolo per la sua timidezza.
“Sai, anch’io da piccolo ero timidissimo come te? Non volevo andare neanche all’asilo e piangevo sempre perché volevo stare con la mia mamma. I miei compagni mi prendevano sempre in giro, fino a, quando un giorno decisi di non piangere più.”. disse Thomas cercando di attirare l’attenzione del bimbo.
Cristian aprendosi in un gran sorriso gli rispose: “ Anch’io non voglio andare all’asilo, ma la mamma mi ci porta sempre”.
“La tua mamma fa il suo dovere. Devi andare all’asilo, giocare con i compagnetti e imparare a scrivere e leggere. Perché solo così diventerai un uomo in gamba e intelligente” gli risponde Thomas mentre si avvicinava per sedersi vicino a lui.
“Come il mio papà?” gli domandò Cristian.
“Certo come il tuo papà” gli rispose Thomas.
“ Ma tu lo conosci il mio papà?”
“No, ma penso che, per avere un figlio come te, sarà indubbiamente in gamba , intelligente ed anche buono.
“Io non lo conosco il mio papà, perché è partito per un lungo viaggio di lavoro, me lo dice sempre la mamma. Mi racconta anche che…”
“Cristian, ora basta!” lo rimprovera la nonna. A Thomas l’argomento iniziava a raccapricciarlo, ma capì che imbarazzava l’anziana signora che alzandosi bruscamente si era avviata verso la finestra, dalla quale rimase affacciata affinché l’argomento non la coinvolgesse.
Dopo pochi minuti, arrivò un dottore che gli comunicò che ero fuori pericolo. L’anziana signora, dalla gioia, prese Cristian in braccio lo baciò e gli disse: “ amore, la mamma sta meglio, non preoccuparti, presto la rivedrai”.
“La mamma?ma …ma allora è il figlio di Susy!” pensò Thomas confuso e perplesso. “Non può essere che Susy si sia sposata! Divorziata?Lasciata?”Thomas non sapeva più cosa pensare, iniziò a guardare più attentamente il bambino ed ad ipotizzare che, forse, fosse figlio suo, ma i suoi pensieri furono distolti dall’arrivo di un infermiere che li invitò ad andare a casa e non tornare prima del mattino seguente per essere aggiornati sul decorso del mio miglioramento.
Thomas confuso più che mai, prima di congedarsi, si presentò all’anziana signora come un “caro amico” della figlia e lasciandole indirizzo e numero telefonico, si rese disponibile per qualunque eventualità. La donna strabiliata, dapprima rimase ammutolita, ma dopo aver preso fiato lo salutò freddamente rifiutando l’aiuto offertole.
Thomas s’incamminò verso casa come un cane bastonato. L’idea che quel bambino sarebbe potuto essere suo figlio lo emozionava lo turbava e lo confondeva.
“E se fosse questo il motivo della telefonata di Susy? E perché dopo cinque anni?
Thomas decise di andare a dormire, ma non riusciva a prendere sonno perché milioni di domande gli logoravano il cervello, e il ricordo dello sguardo candido del piccolo Cristian gli suscitava un sentimento mai provato prima.
“ In effetti, mi assomigliava, aveva anche il mio stesso colore degli occhi”, pensava, mentre le ore della notte passavano velocemente, lui pensava, ipotizzava e ripensava fino a che nelle prime ore dell’alba la stanchezza lo sopraggiunse e si addormentò.
Lo squillo della sveglia lo svegliò di soprassalto e Thomas si alzò all'istante. Si lavò, si vestì e andò subito in ospedale.
In sala d’attesa c’era già Cristian con la nonna. La signora lo salutò con fare compito mentre Cristian gli andò incontro e lo abbracciò come se si conoscessero da sempre.
“Thomas, lo sai che ora andiamo a vedere la mamma? I dottori hanno detto che si è svegliata. Vieni anche tu?” disse il piccolo Cristian.
“ Certo amore che vengo con voi” rispose Thomas rincuorato dalla notizia.
Ero sveglia, ma stordita dall’effetto dei farmaci. Appena vidi entrare mio figlio insieme a Thomas il cuore iniziò a battermi all’impazzata. Non sapevo cosa dire, ma la prima cosa che feci fu quella di abbracciare con la mia poca forza Cristian, sbaciucchiandolo gli che la sua mamma ora stava bene, e che non lo avrebbe lasciato mai più.
Salutai anche mia madre che con le lacrime agli occhi mi baciò e mi abbracciò così forte che inconsapevolmente stava per stritolarmi.
Thomas, restò fermo davanti alla porta guardandomi senza dire neanche una parola. Fui io a rompere il ghiaccio.
“Ciao Thomas, non volevo rivederti in queste condizioni”, gli dissi guardandolo fisso negli occhi.
“L’importante che il peggio sia passato e che ora sei qui con noi” rispose e avvicinandosi mi prese una mano e la chiuse fra le sue come a custodirla.
Intuivo che avrebbe voluto farmi mille domande sull’esistenza di Cristian, ma non lo fece, e nonostante le circostanze presi io l’iniziativa.
“Cristian lo conosci Thomas?” chiesi a mio figlio.
“Sì, mamma ci siamo conosciuti ieri, in quella stanza dove si aspettano i dottori” rispose Cristina allegramente.
“ Si chiama, sala d’attesa, amore mio”gli risposi sorridendo.
“Hai un figlio meraviglioso”, mi disse Thomas.
Appena mia madre uscì dalla stanza per andare a parlare con i medici io capii che era il momento di confessare a Thomas tutta la verità, tenuta nascosta per cinque anni.
“Thomas, siediti ti devo parlare. Lo so che non è né il momento opportuno né il giusto luogo, ma non riesco più a tenermi questo peso che mi tortura da anni.”. Feci un profondo respiro e fissando le sue mani che racchiudevano la mia iniziai a parlare:
“ Quando cinque anni fa seppi che mi avevi tenuto nascosto che eri stato sposato, il mio orgoglio prese il sopravvento e invece di chiarire sono scappata come una bambina. Dopo fui tentata di chiamarti più volte, ma quando seppi che ero incinta ebbi paura che tu non avresti gradito la notizia. Andai a vivere da mia madre, che mi aiutò a crescere il mio adorato bambino, senza chiedermi mai delle spiegazioni. ” Non riuscendo più a trattenere le lacrime cercai il suo sguardo.
“Ma, allora, Cristian è…”
“Sì, Cristian è tuo figlio” con fatica ritrassi la mia mano dalle sue per accarezzare la testolina di Cristian che si era appoggiato sul mio petto e alzandogli il mento per guardarlo negli occhi gli dissi: “Amore tuo padre è tornato dal suo lungo viaggio di lavoro”.
“E dov’è?” chiese felicemente mio figlio.
“Tuo padre è qui. Thomas è tuo padre” dissi continuando a piangere.
I due si guardarono intensamente, erano confusi ma felici. Thomas si chinò su Cristian lo baciò e tirandolo su dal mio petto lo strinse fortemente ed iniziò a sbaciucchiarlo dappertutto. Poi smise di baciarlo lo alzò in alto in alto con le sue braccia possenti e guardandolo negli occhi gli disse: “Amore mio, tuo padre non se ne andrà mai più via. Ti prometto che resterò sempre con te”.
Poi guardò me e disse: “ ti amo, ti ho sempre amata e non ho mai smesso, neanche in questi ultimi lunghi cinque anni di tuo silenzio. Le mie preghiere per riaverti non sono state vane, e per di più hai serbato per me un dono meraviglioso, mio figlio” con Cristian ancora stretto tra le braccia si avvicinò e mi baciò teneramente sulla fronte. Allargò le sue braccia e avvicinandosi ci strinse fortemente.
Cristian divincolandosi dalla stretta del padre iniziò a saltellare per la stanza, e con voce gioiosa disse: “Papà, quando la mamma starà meglio, mi prometti che andremo al parco a giocare a pallone?
“Certo amore, quando mamma starà bene, faremo tutto quello che vorrai tu, se la mamma sarà d‘accordo”, mi guardò e mi baciò appassionatamente sulle labbra.
In quei minuti mi sentii in paradiso, e gli applausi di Cristian accompagnati dalle sue risa gioiose mi sembravano cori d’angeli.

Il vento

Il vento soffia
leggiadramente sul mio viso.
Sento sfiorare la guancia
e un freddo gelido mi avvolge il cuore.
Il vento soffia
urtanto il mio corpo
e un brivido gelido
avvolge i miei pensieri.
Soffia, soffia
nella mia mente inerte,
come la vita scorre lentamente sulle mie mani.
Ferma, immobile,
resto confusa
tra le foglie gialle
di un autunno tedio e gelido.
Lungo la riva
si affollano i miei pensieri.
Sogni mossi dal vento
che non riescono a fiorire
nella lunga notte stellata.
(Patty C. Io)

La storia della matita

La storia della matita, di Paulo Coelho
Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera.Ad un certo punto, chiese: "Stai scrivendo una storia su di noi? E' per caso una storia su di me?".La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: "In effetti, sto scrivendo su di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande."



Il bimbo osservò la matita, incuriosito e non vide niente di speciale."Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia!"."Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Ci sono 5 qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace con il mondo.Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi: questa mano noi la chiamiamo Dio e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo ed usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto, sappi sopportare un po' di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.Terza qualità: la matita ci permette sempre d'usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all'interno. Dunque fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.Infine la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce e cerca d'essere conscio d'ogni singola azione.

La storia della matita, di Paulo Coelho
.pubblicata da Chi trova un libro trova un tesoro il giorno lunedì 6 febbraio 2012 alle ore 9.16.Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera.Ad un certo punto, chiese: "Stai scrivendo una storia su di noi? E' per caso una storia su di me?".La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: "In effetti, sto scrivendo su di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande."



Il bimbo osservò la matita, incuriosito e non vide niente di speciale."Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia!"."Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Ci sono 5 qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace con il mondo.Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi: questa mano noi la chiamiamo Dio e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo ed usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto, sappi sopportare un po' di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.Terza qualità: la matita ci permette sempre d'usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all'interno. Dunque fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.Infine la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce e cerca d'essere conscio d'ogni singola azione.

domenica 22 gennaio 2012

Angeli e Demoni


‎"La scienza mi dice che deve esserci un Dio,la mente che non lo comprenderò mai...,e il cuore che non sono tenuta a farlo." Angeli e demoni. Dan Brown

mercoledì 18 gennaio 2012

I libri più significativi del 2011? I consigli degli scrittori

Quali sono i titoli più importanti e significativi all'interno della vastissima produzione dello scorso anno? Cosa salvare? Cosa ci siamo persi? Rispondono a questa domanda alcuni scrittori italiani.
I libri di Alessandro Bertante
Alessandro Bertante: Mathias Énard, Milo De Angelis, Daniele Giglioli
  • In questo 2011 ho letto solo un grande romanzo, Zona di Mathias Énard: una narrazione potente e visionaria, un flusso di pensieri inarrestabile che, partendo dalle memorie di un ex mercenario croato, evoca la grande storia del Mediterraneo, i suoi personaggi e le sue leggende. Un libro intenso e ambizioso che mi ha riconciliato con letteratura. E sono stato felice di vedere la pubblicazione de La corsa dei mantelli di Milo De Angelis, il suo unico lavoro in prosa scritto negli anni Settanta dal poeta milanese che ci racconta la storia di Daina, in un’atmosfera fiabesca  e realistica al tempo stesso. Per la quanto riguarda la saggistica invece, il testo più significativo è stato senz’altro Senza Trauma – Scrittura dell’estremo e narrativa del nuovo millennio, di Daniele Giglioli, nel quale l’autore offre un’analisi sintomatica della narrativa italiana contemporanea, convinto che il  rapporto con la scrittura sia privo di esperienza del trauma e condizionato unicamente dall’immaginario.

I libri di Alessandro D'Avenia
Alessandro D'Avenia: Vasilij Grossman, Kyung-Sook Shin, Jordi Sierra i Fabra
  • Non ho la pretesa di dire quali siano i tre libri più significativi del 2011, ma semplicemente quelli che lo sono stati per me. In cima alla lista senz'altro c'è Il bene sia con voi!, una raccolta di racconti e ricordi di Vasilij Grossman, l'autore del Guerra e Pace del XX secolo: Vita e destino. Poche penne come la sua riescono a scandagliare l'abisso del cuore dell'uomo senza retorica di vinti e vincitori, di vittima e carnefice. Non mi capitava da tempo di piangere lacrime amare su un racconto, ma questo è quello che mi è successo leggendo il primo della raccolta: Il vecchio maestro. In questo, come negli altri, emerge la possibilità di salvezza dell'uomo anche nell'inferno più oscuro, anche nel disincanto di una ferocia che insensata si ripete. Grossman crea una specie di spazio sacro in cui ogni lettore può sentirsi a casa nonostante l'orrore degli eventi che racconta. Lo stesso tipo di sacralità l'ho avvertita in Prenditi cura di lei di Kyung-Sook Shin, una storia familiare sul mistero di essere madre che con semplicità e profondità, oggi rarissime, racconta cosa c'è di più umano nell'umano, quel nucleo che attraversa culture e secoli infischiandosene del tempo e dello spazio. Al terzo posto metterei un libro uscito alla fine del 2010, ma che io ho conosciuto nel 2011: Kafka e la bambola viaggiatrice di Jordi Sierra i Fabra, che immagina in poche e folgoranti pagine un episodio realmente accaduto nella vita di Kafka: l'invenzione di una storia a puntate per una bambina incontrata al parco, che aveva smarrito la sua bambola. Kafka si finge “postino di bambole” e trasforma il pianto di quella bambina in una storia magica di crescita e liberazione dal dolore. I biografi di Kafka sono ancora alla ricerca di quel testo...

I libri di Claudia De Lillo
Claudia De Lillo: Paolo Nori, Posy Simmonds, Alan Bennett
  • La meravigliosa utilità del filo a piombo di Paolo Nori, perché:
    a. ha uno dei titoli più belli che abbia mai incontrato
    b. spiega i formalisti russi con una semplicità così sottile e arguta che alla fine ti sembrano tuoi amici
    c. racconta temi alti, spesso altissimi con una lingua empatica di divulgatore straordinario
    d. fa ridere, pensare, arrabbiarsi e a volte perfino piangere
    Tamara Drewe di Posy Simmonds, perché:
    a. è una graphic novel con disegni bellissimi e un testo ricco e articolato
    b. ha una storia appassionante
    c. ci trovi dentro personaggi con uno spessore e un'umanità che inquietano
    d. quando finisce vuoi ricominciarlo o regalarlo immediatamente a qualcuno che ti sta simpatico
    Due storie sporche di Alan Bennett, perché:
    a. l'umorismo inglese non ha pari
    b. il personaggio della vedova simulatrice di malattie in una clinica universitaria è irresistibile
    c. Bennett è un maestro del racconto
    d. è divertente ma anche struggente.

I libri di Nicola Lagioia
Nicola Lagioia: Thomas Bernhard
  • Per me è Autobiografia di Thomas Bernhard, i cinque romanzi di formazione (L'origine, La cantina, Il respiro, Il freddo, Un bambino) per la prima volta riuniti da Adelphi in un unico volume. Si tratta di un libro sapienziale, di un lungo e intenso insegnamento di vita, un esempio, un inno alla dignità e alla resistenza umana.

I libri di Marco Malvaldi
Marco Malvaldi: Jonas Jonasson, Antonio Pennacchi, Fabio Bartolomei

I libri di Federica Manzon
Federica Manzon: Austin Wright, Jeffrey Eugenides, Andrea Tarabbia
  • C’è qualcosa di peggiore di un romanzo che parla di un altro romanzo? E di un romanzo sulla scrittura e la lettura? Probabilmente no. Eppure Tony e Susan, di Austin Wright, è un libro che sorprende e rimane addosso a lungo. Perché fa paura, ma una paura vera, quella con i brividi e il fiato corto nel voltare pagina. E mentre tremi e ti si torcono tutti gli organi interni per quello che accade lungo un’autostrada notturna verso il Maine, qualche corda nascosta del tuo animo di lettore vibra, perché è di te che si sta parlando. Memorabile.
    Valeva la pena di aspettare nove anni il nuovo romanzo di Jeffrey Eugenides. La trama del matrimonio: una meravigliosa dichiarazione d’amore ai libri e alla letteratura. Commuove e fa ridere, provoca una sottile nostalgia sotto la lingua e alla fine fa sentire un po’ meno soli.
    E poi un libro italiano che italiano non sembra. È coraggioso, romanzesco, terribile come capita alla letteratura quando si misura con i temi più difficili, assoluti. C’è una misura al Male? Il Male è quantificabile? Il suo numero coincide con quello delle vittime? Andrea Tarabbia, con Il demone a Beslan, ci dice che una risposta netta è impossibile. C’è un prima e c’è un dopo, c’è un inizio al Male. E lui ne insegue la storia, con il passo del grande scrittore.

I libri di Simone Sarasso
Simone Sarasso: Paolo Roversi, Glen Duncan, Alessandro Barbero, Giuseppe Catozzella, Marco Malvaldi
  • Paolo Roversi, Milano criminale: IL libro sulla mala meneghina. Documentatissimo e travolgente. Tanto bello che avrei voluto scriverlo io.
    Glen Duncan, L'ultimo lupo mannaro: se siete fan di Twilight, lasciate perdere. Dalle parti di Duncan i lupi mannari non vanno in giro a petto nudo (e addominali in vista) per sciacquare le voglie di un miliardo di ragazzine. Si limitano a fare quello per cui sono nati: FOTTI, UCCIDI, MANGIA.
    Alessandro Barbero, Gli occhi di Venezia: lasciatevi condurre per mano nella Venezia di fine Cinquecento da un autentico maestro del genere: imparerete a remare in galera e a far la guerra di corsa. Un'avventura indimenticabile su e giù per un Mediterraneo che non avete mai visto.
    Giuseppe Catozzella, Alveare: La 'ndrangheta, la peggiore e più spietata di tutte le mafie, stanata al Nord da una penna d'eccezione. Un libro che fa riflettere e star male.
    Marco Malvaldi, Odore di chiuso: il nome di Marco Malvaldi in copertina, un giallo di gran classe  e Pellegrino Artusi come protagonista. Vi serve altro per correre a comprarlo?

I libri di Domenico Scarpa
Domenico Scarpa: Sigmund Freud, Georges Perec, Alessandra Ginzburg
  • In principio fu una lettera, che Sigmund Freud inviò il 16 settembre 1883 (una domenica) alla sua fidanzata Martha Bernays. Le descriveva i fatti che avevano condotto al suicidio il suo amico e collega Nathan Weiss. Erano fatti materiali e fatti invisibili, che solo quell’allora ventisettenne psichiatra sarebbe stato capace d’intrecciare con una tale irrecusabilità narrativa e con un tale pathos scientifico. È il testo che Mario Lavagetto ha messo in apertura della raccolta dei Racconti analitici di Freud, apparsa come strenna per il 2011 nei «Millenni» Einaudi. Ora, grazie a lui, possiamo rileggere daccapo tutto Freud e il suo secolo, a partire da quella lettera e dalla diffidenza che il padre della psicoanalisi nutrì sempre per il proprio talento narrativo – e per chi glielo lodava: temendo, non senza ragione, che lo scrittore cancellasse lo scienziato. Non si lasciava certo frenare da queste remore Georges Perec, che anzi approfittò a mani basse – anche contro sé medesimo – della psicoanalisi allorché scrisse, a uso e consumo del suo terzo e ultimo analista parigino, Jean-Bertrand Pontalis, i 124 sogni che avrebbero poi composto La Boutique obscure, finalmente tradotto in italiano col titolo La bottega oscura da Ferdinando Amigoni per la collana «Quodlibet Compagnia Extra» di Gianni Celati e Jean Talon. Un libro antieuclideo che porta a galla tutti i fondigli di una psicologia avvincente, quella di un autore che considerava i setting analitici (dal lettino ai fogli sui quali annotava quei sogni «fabbricati per l’analista») come i «luoghi di un’astuzia». Ma qui, tra uno scienziato che recalcitrò a manifestarsi come scrittore, e uno scrittore che di continuo cercava di sfoderarsi dal ruolo dell’analizzato, la posizione di equilibrio è occupata da una psicoanalista allieva di Ignacio Matte Blanco, il cui nome è Alessandra Ginzburg e che – figlia di scrittori qual è, e allieva in gioventù anche di un grande critico esperto di analisi come Francesco Orlando –, ha imparato ben presto che la psicoanalisi può imparare dalla letteratura; così, i dieci «saggi su letteratura e psicoanalisi» che ha raccolto in Il miracolo dell’analogia (Pacini, Pisa) non aggrediscono il testo ma lo interrogano, lo auscultano, e prima di ogni altra cosa si lasciano impressionare dalla sua forma, unica maniera di rispettarlo restituendolo al lettore. Da Stevenson a Kafka, da Tozzi a Hoffmann, da Proust a Elsa Morante, dieci letture impeccabili: dieci lettere giovanili se volessimo dirla con Freud, dieci sogni a occhi aperti se vorremo invece affidarci a Perec.

I libri di Andrea Tarabbia
Andrea Tarabbia: Francesco M. Cataluccio, Laurent Binet, Robert Eisler
  • Forse il miglior libro edito nel 2011 che ho letto è Chernobyl di Francesco M. Cataluccio. Pubblicato da Sellerio, è un’opera a cavallo tra i generi: dal reportage alla memoria autobiografica, dal saggio antropologico a quello di storia della cultura. Lo scoppio del reattore numero 4, nell’aprile 1986, non è che il punto di arrivo di una narrazione che parte da lontano, dall’anno mille, per raccontare la storia di un luogo e dei popoli (polacchi, cosacchi, ucraini ed ebrei) che lo abitano. Attraverso il racconto di alcuni viaggi e di molte letture, l’archeologia di Cataluccio restituisce il genius loci di un’area dell’Europa che ha racchiuso in sé la storia di tutto il nostro continente.
    HHhH. Il cervello di Himmler si chiamava Heydrich di Laurent Binet (Einaudi) è un “non-romanzo” che ricostruisce, documenti alla mano, un fatto storico: l’attentato a Praga, nel 1942, in cui perse la vita Reynard Heydrich, uno dei principali ideatori della Soluzione Finale. Più che la vicenda in sé, è molto interessante l’approccio di Binet, ossessionato dall’idea di non scrivere un romanzo per non tradire la realtà dei fatti.
    Ultimo, un altro saggio, recuperato dalle edizioni Medusa: Uomo lupo di Robert Eisler, pensatore quasi sconosciuto in Italia. Vi si ricostruisce il percorso psicologico-storico della licantropia e delle sue declinazioni (dai Lupercalia alle tecniche di caccia, da alcuni omicidi seriali alle pratiche di punizione e omicidio delle SS).

I libri di Benedetta Tobagi
Benedetta Tobagi: Laurent Binet, Élisabeth Gille, Miguel Gotor
  • Scelgo tre libri sospesi tra storia e narrazione.
    HHhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich è uno splendido non fiction novel, di cui si è parlato troppo poco. Laurent Binet racconta la storia dell’attentato al gerarca nazista Heydrich, trovando un felice equilibrio tra scrittura romanzesca e attenta ricostruzione storiografica. Traspare tutta la partecipazione emotiva dell’autore a un evento storico vissuto con l’intensità di un fatto personale: “Chi è morto è morto – scrive a proposito dei due eroici attentatori della Resistenza ceca, Jan e Jozef - e non gl’importa nulla che gli si renda omaggio. Ma è per noi, per i vivi, che significa qualcosa. La memoria non è di alcuna utilità a chi viene onorato, ma serve a chi se ne serve. Grazie a lei mi costruisco, grazie a lei mi consolo”.
    Altrettanto intenso Mirador. Irène Némirovsky mia madre. Elisabeth Gille narra la vita della madre in forma di autobiografia fittizia, immedesimandosi in lei. La scrittura diviene passaggio iniziatico, attraverso cui Elizabeth si emancipa dalla pesante eredità materna nell’atto stesso di renderle omaggio, affermando se stessa come scrittrice.
    Il memoriale della repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano è un vero e proprio saggio storiografico, che al rigore unisce un’elevata qualità letteraria. Attraverso la ricostruzione microstorica dell’odissea del memoriale Moro, Miguel Gotor ci offre uno spaccato delle dinamiche occulte del potere in italia, che si fa a tratti riflessione metafisica sulla natura del potere.

I libri di Emanuele Tonon
Emanuele Tonon: Antonio Moresco, Richard Millet, Luigi Abiusi, Chester Brown
  • Gli esordi di Antonio Moresco uscì in prima edizione nel 1998. Mondadori ripropone il romanzo in versione completamente rivista dall’autore. Moresco cominciò a scriverlo nel 1984. È impressionante la serie di rifiuti subiti dall’autore prima di “esordire”, forse un segno dei tempi, di cosa sia diventata l’editoria. Moresco è uno scrittore che apre una porta e ti fa vedere un universo, apre la porta accanto e te ne fa vedere un altro. Gli esordi è una cosmologia nascente, un romanzo che richiede dedizione ripagandola tutta e dalla cui lettura si può uscire solo stupefatti.
    L’inferno del romanzo di Richard Millet, edito da Transeuropa, è una riflessione aforistica ed oracolare sulla letteratura. A tratti disturbante e, per chi scrive, non sempre condivisibile. Ma un testo che porta in luce, con radicalità,  tutto quanto ormai da decenni viene attentamente oscurato dai produttori della postletteratura. L’industria editoriale e tutti i suoi figuri contro la meraviglia della parola scritta.
    Per gli occhi magnetici di Luigi Abiusi, edito da Caratterimobili, raccoglie quattro saggi. Attraverso le figure di due poeti e due registi (Campana, Pasolini, Erice, Tarantino) Abiusi indaga il rapporto tra letteratura e cinema, rompe gli argini della codificazione settoriale per portarci ad esplorare il luogo dove la parola e l’immagine, incontrandosi, si fanno unità.
    Io le pago. Memorie a fumetti di un cliente di prostitute, di Chester Brown, edito da Coconino Press – Fandango,  è una riflessione sconvolgente sul tema dell’amore romantico e delle sue implicazioni con il potere del moralismo d’accatto. Tra natura e cultura, con un tratto glaciale fatto di occhi vuoti, Brown opera una confessione senza filtri: un non-personaggio che sfida il perbenismo rinunciando alla furberia del racconto mimetico.

I libri di Giorgio Vasta
Giorgio Vasta: Paolo Sortino
  • Limitatamente a quelli che ho letto, penso che il libro che nel 2011 mi ha colpito maggiormente sia Elisabeth di Paolo Sortino. Si tratta di un romanzo per il quale vale poco metterla nei termini canonici - e forse canonicamente involuti e semplificanti - di bello o brutto. Probabilmente Elisabeth è un romanzo scoordinato, squilibrato, irregolare sia da un punto di vista drammaturgico che linguistico, ma è un libro che, come accade raramente, sa capitalizzare tutti i suoi limiti rendendoli parte integrante della narrazione. Perché squilibrata irregolare e insopportabile è la vicenda narrata - quella di Elisabeth Fritzl, la ragazza austriaca reclusa dal padre in un bunker sotterraneo e violentata per anni - ma ancora più traumatico è lo sguardo dal quale questa storia è raccontata, la perentorietà a volte mite a volte feroce del linguaggio. Sortino riesce a trasformare un fatto che in prima battuta appartiene alla cronaca criminale in qualcosa che ha la capacità di generare discorso (su Elisabeth, nei mesi scorsi, partendo da prospettive diverse si sono confrontati, e anche scontrati, in parecchi). Nel momento in cui un libro riesce a produrre discorso si sta già rivelando fertile nutrendo una dialettica. Inoltre Elisabeth ha, dalla scelta lessicale alla forma sintattica, la delicatezza e la temerarietà degli ordigni: che un libro sia qualcosa che da un momento all'altro può esplodere è sempre un bene.

I libri di Mariapia Veladiano
Mariapia Veladiano: Kyung-Sook Shin, Eowyn Ivey, Bruno Osimo
  • Per primo un libro d’amore, di un amore nascosto eppure potente, potentissimo, come un’epifania capace di rovesciare la vita. Scoperto tardi ma non importa, perché l’amore, anche se non si rivela, ci regala sempre una felicità possibile. Si tratta di Prenditi cura di lei (Neri Pozza) di Kyung-Sook Shin, autrice coreana che sa splendidamente dire i sentimenti e raccontare la vita. Alla fine ci si guarda intorno in cerca di queste donne assolute capaci d’amore assoluto e segreto.
    Poi una storia struggente sul desiderio di felicità, e quindi sul dolore di non poterla avere: La bambina di neve (Einaudi), di Eowyn Ivey. Qui la felicità è tutta contenuta in un figlio che non viene. Alla fine arriva, forse, una bambina, ma arriva e scompare in un  paesaggio di neve e boschi e ghiaccio e vento. Ambientato in Alaska, un incanto.
    E infine un libro ironico, profondo, coltissimo e divertente: Dizionario affettivo della lingua ebraica (Marcos y Marcos), di Bruno Osimo. Il titolo nasconde una narrazione, vero romanzo di riscoperta delle, in realtà indelebili, origini ebraiche dell’autore, riproposte attraverso la figura indimenticabile della madre. Bello e singolare.

I libri di Grazia Verasani
Grazia Verasani: Goliarda Sapienza, Romain Gary, Catherine Sauvat
  • Il vizio di parlare di me stessa di Goliarda Sapienza (Einaudi). Si tratta dei taccuini dell'autrice, dal '76 all'89, utilissime postille a un'opera letteraria che è sempre stata fortemente autobiografica. Anche qui c'è la sua Sicilia, c'è Roma, c'è la passione per il cinema e il teatro, la storia col regista Citto Maselli, il carcere di Rebibbia, la fatica di scrivere L'arte della gioia che, solo grazie al successo francese, ci ha permesso di conoscere questa autrice eclettica e sensibilissima. E ci sono le donne, le donne amate, odiate, raccontate, incoraggiate a essere se stesse, fuori dall'opprimente sacrificio dell'amore.
    La notte sarà calma, autobiografia di Romain Gary (Neri Pozza). Lo scrittore lituano, naturalizzato francese, autore tra gli altri dello spendido La vita davanti a sè anche qui non perde la sua verve lucida e scanzonata. Alcune frasi: "La nostra società maschilista riduce sempre la donna a un'avventura"; "Il romanzo è la fratellanza: ci si mette
    nella pelle degli altri. Quando rimango troppo tempo nella mia pelle, mi sento stretto"; "La cultura e l'arte sono un modo di vivere"...
    Un bellissimo libro che ho letto nel 2011 (ma edito nel 2009), che sceglierei come il primo libro dell'anno, è Robert Walser, una biografia di Catherine Sauvat (ADV). Ho cominciato ad amare Walser nell'86 grazie a Gianni Celati, che me ne parlò con accorato entusiasmo. Ho letto ogni cosa pubblicata di lui e su di lui, e aspettavo con ansia questa biografia. Non so se lo sapete, ma pare che Lucio Dalla si sia ispirato a Walser per scrivere L'anno che verrà... Questo meraviglioso pazzo svizzero, con una vita diurna di passeggiate e una notturna nei teatri (troppo artista per non amare gli artisti) ha scritto storie bellissime: la mia preferita è Jakob von Gunten, molto amata anche da Kafka e Musil. In queste pagine biografiche c'è il Walser rimasto bambino fino alla fine, capace di incantarsi per ogni minima cosa, e di sottrarsi alle norme, soprattutto a quella del successo. Vagabondo incapace di concretezze, poetico anche nel suo modo di morire: fu un cane a scoprirlo, a 78 anni, a faccia in giù sulla neve, vicino al manicomio che gli aveva fatto da casa nell'ultimo ventennio...

I libri di Alessandro Zaccuri
Alessandro Zaccuri: Adrian Johns, Seumas O'Kelly, Stefan Zweig, Gonçalo M. Tavares, Craig Thompson
  • Adrian Johns, Pirateria. Storia della proprietà intellettuale da Gutenberg a Google, Bollati Boringhieri. Una lettura fondamentale, oltre che molto avvincente, per capire quali sono le origini storiche dell'attuale dibattito sul copyright. Con Johns si impara moltissimo e spesso si rimane sorpresi per le analogie tra presente e passato: l'editoria musicale dell'800 e l'offensiva di Napster, la prima disputa sul Betamax e la lotta contro il download selvaggio...
    Seumas O'Kelly, La tomba del tessitore, Quodlibet. Daniele Benatti traduce e commenta un autore irlandese poco noto anche in patria. Forse è eccessivo parlare di un maestro di Joyce (che, in ogni caso, conosceva l'opera di O'Kelly), ma questo racconto è davvero un piccolo, assoluto capolavoro, nel quale risuona la stessa malinconia che ritroveremo nei "Morti". Con una punta di arguzia in più, forse.
    Stefan Zweig, Paura, Adelphi. Insieme con quella di Mauriac, la metodica riproposta della narrativa di Zweig è l'operazione vintage più interessante intrapresa di recente da Adelphi. Qui, nell'eccellente versione di Ada Vigliani, va in scena il classico canovaccio dell'adulterio, con un variare continuo di situazioni, tutte contemplate dallo sguardo allucinato della protagonista. Fino all'inimitabile scioglimento finale.
    Gonçalo M. Tavares, Imparare a pregare nell'era della tecnica, Feltrinelli. Il portoghese Tavares è uno scrittore da tenere d'occhio: negli anni scorsi era stato pubblicato da Guanda, ora Feltrinelli ci presenta il suo romanzo più maturo e complesso, costruito su un impianto prossimo all'allegoria. Il potere, la fede, la morte sono i temi di una narrazione senz'altro inconsueta, che ricorda il rigore di Dostoevskij. Traduce, senza sbavature, Roberto Francavilla.
    Craig Thompson, Habibi, Rizzoli Lizard. Graphic novel ambizioso, magari lievemente discontinuo, ma sempre affascinante. L'americano Thompson si (e ci) immerge nella tradizione araba, scoprendo un mondo che parrebbe uscito dalle "Mille e una notte" e invece, tra eunuchi e spose bambine, è clamorosamente contempraneo. Vastissima la documentazione su cui poggia l'impresa, meticolosa la  versione italiana di Randa Ghazy.